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AMERICA'S CUP
LOUIS VUITTON CUP

Dal sito www.americascup.com

 

La casa di valigeria francese, Louis Vuitton decise di affiancare l'America's Cup nel 1983 sponsorizzando le regate di selezione, oggi conosciute come Louis Vuitton Cup. Lo scopo era ed è, identificare il miglior sfidante possibile e assicurarsi che questo sia in grado di battere il Defender. Per tanto tempo è esistita anche una selezione Defender ma da diversi anni, ormai, si organizza soltanto quella per gli sfidanti.

La storia delle partecipazioni italiane in America's Cup inizia nelle acque di Newport nel 1983 con l'indimenticabile Azzurra, messa in acqua dallo Yacht Club Costa Smeralda e progettata da Andrea Vallicelli. Con Mauro Pelaschier al timone e Cino Ricci come skipper Azzurra si comporta assai onorevolmente, tenuto conto che in fin dei conti si tratta di un esordio assoluto. Gli italiani che l'anno prima avevano provato la gioia di una vittoria ai mondiali di calcio vivono l'avventura di azzurra con grande entusiasmo e passione. Alla fine su sette imbarcazioni sfidanti Azzurra arriva terza A seguito di questo risultato, l’Italia viene di fatto accreditata nel gotha delle nazioni con una tradizione velistica internazionale.

L'Australia era considerata alla stregua dei tanti paesi che sfidarono la Coppa nel 1983. Gli uomini che venivano 'dall'altra parte del mondo' avevano però un'arma segreta e Australia II, mentre era trainata sul campo di regata, sventolava un'eloquente bandiera, con un canguro in guantoni da boxe; sotto la chiglia, invece, il rivoluzionario progetto con alette, diede al 12-Metri una marcia in più rispetto a tutti gli altri concorrenti. Gli australiani riuscirono a mantenere il segreto del loro passo, coprendo con dei lunghi teli la chiglia, prima che la barca fosse alata a terra, al termine di ogni regata. La curiosità cresceva in banchina e ognuno si domandava cosa quel velo nascondesse.

Dennis Conner, ‘Mr. America's Cup’, era incaricato di difendere il trofeo dall'assalto australiano, dopo che il team del canguro aveva spazzato via gli avversari, conquistando la Louis Vuitton Cup. Quell'estate del 1983, all'America's Cup furono dedicate le prime pagine dei più importanti giornali dell'epoca. C'era nell'aria una sensazione strana e si avvertiva, non senza un certo apprezzamento, che l'egemonia americana stava per tramontare. La vittoria era al meglio di sette regate. All'inizio, a causa di alcuni problemi tecnici, gli australiani ebbero la peggio, ma un formidabile John Bertrand riuscì a pareggiare i conti con Conner, firmando un clamoroso 3-3-

La settima ed ultima regata fu il compendio dell'intera serie, con Conner e il suo Liberty, dominatori della prima parte della gara, in arie leggere e variabili; nell'ultima poppa, però Australia II, cominciò a rimontare sotto spinnaker e a guadagnare la testa della regata. Gli ultimi minuti furono tra i più concitati dell'intera America's Cup. Il resto è storia. Bertrand vince e l'America's Cup, per la prima volta, in 132 anni, lascia gli Stati Uniti d'America e il New York Yacht Club.

Conner, questa volta con i colori del San Diego Yacht Club, la riconquista quattro anni più tardi, nel 1987, a Fremantle; prima aggiudicandosi la Louis Vuitton Cup e poi sconfiggendo il Defender per 4-0. Durante quell'unica 'trasferta' all'estero, la Coppa ebbe dalla sua condizioni meteo spettacolari e, in particolare, il famoso 'Fremantle Doctor', una brezza di mare molto sostenuta che si formava nel pomeriggio e che garantiva regate tecniche e combattute.

Nel 1987 a Perth in Australia, l'Italia schiera ben due team. Ad Azzurra per lo Yacht Club Costa Smeralda, si aggiunge Italia per lo Yacht Club Italiano di Genova. Stavolta i risultati sono veramente deludenti. Azzurra rimedia un undicesimo posto su tredici sfidanti. Italia arriva settima.

Dennis Conner, coinvolto in feste e parate degne di un eroico condottiero, non si era affrettato a fissare i dettagli per la successiva edizione. Ne approfittò la Nuova Zelanda che, grazie ad un buco nel regolamento del Deed of Gift, presentò una sfida per l'anno successivo, 1988. La storia degenerò in una sorta di farsa, quando i kiwi scesero in acqua a bordo di un gigante di 134 piedi di lunghezza al galleggiamento e Conner in un piccolo ma agilissimo, catamarano.

Al meglio di tre serie, la vittoria andò agli americani e, dopo numerosi appelli in tribunale (i team spesero più tempo nelle aule giudiziarie che in acqua), il risultato fu confermato.

L'unica cosa buona che venne fuori dalla 'sfida assurda' del 1988, fu la nascita di una nuova Classe, che varò una barca moderna e studiata per avere ottime prestazioni nelle condizioni di vento leggero di San Diego. Tutte le barche sembrano simili sebbene i progettisti abbiano un discreto margine di libertà per sviluppare i parametri indicati dal regolamento di Classe. Questa è la Classe con cui si corre attualmente l'America's Cup.

Il 1992 è l'anno del Moro di Venezia voluto da Raul Gardini. Gli investimenti finanziari si fanno notevoli e la partecipazione viene preparata con grande accuratezza. Al timone viene ingaggiato Paul Cayard. A San Diego, i risultati sono subito positivi ed il Moro di Venezia vince la Luis Vuitton Cup, battendo i neozelandesi di New Zealand ed affronta in finale gli americani di America al Cubo. Finale che il Moro perde per 4-1. Nonostante la sconfitta quella del Moro di Venezia passa alla storia come una superba partecipazione.

Il 1995 sarebbe stato l'anno dei Kiwi. Guidata dalla fiera determinazione di Sir Peter Blake e dalla straordinaria capacità del suo timoniere, Russell Coutts, Black Magic dominò le regate di selezione challenger a San Diego e si preparò ad una vittoria facile contro l'accoppiata Conner/Cayard. L'America's Cup si trasferisce nell'emisfero Sud.

Nel 1995, sempre a San Diego, l'italia è assente. Il Moro di Venezia che aveva già lanciato la sfida non andrà a causa della scomparsa, in tragiche circostanze, di Raul Gardini.

La lezione appresa dagli australiani, dieci anni prima, era ancora viva nella mente di Sir Peter Blake: piuttosto che disperdere energie e finanze tra diversi difensori, era meglio concentrare tutto il meglio in un solo sindacato e per questo furono eliminate le regate di selezione per il Defender. Team New Zealand si concentrò su un duro lavoro di allenamento, dove Coutts fu anche messo in difficoltà da un gruppo di giovani talenti, che gli regatavano contro sulla barca lepre.

La Louis Vuitton Cup del 2000 sarà ricordata per due settimane di grande vela, tra le migliori nella storia della Coppa: l'italiana Prada Challenge sconfigge per 5-4 America One di Paul Cayard, al meglio di nove regate. Si trattò di prove serrate e combattute fino all'arrivo, con le barche spesso a pochi metri di distanza l'una dall'altra e con continui cambi di posizione.

 

 

Ma Luna Rossa, sebbene molto agguerrita, non ebbe speranze contro Team New Zealand né contro il suo skipper Russell Coutts, che vinse lasciando l'avversario a zero punti. Dean Barker, cui Coutts lascia il timone per la regata finale, diventa a 26 anni, il più giovane velista a vincere una regata di America's Cup. Team New Zealand sembrava talmente più forte e più preparato, rispetto ai suoi avversari, che si credeva che la Coppa sarebbe invecchiata all'interno del Royal New Zealand Yacht Squadron.
Ma poco dopo la vittoria, Russell Coutts e altri membri di Team New Zealand annunciarono che sarebbero andati via, per raggiungere una nuova squadra in fase di realizzazione, organizzata da Ernesto Bertarelli, imprenditore svizzero impegnato nell'industria delle biotecnologie farmaceutiche. Appresa la notizia della Campagna di Bertarelli, partì l'assalto alla Nuova Zelanda e all'America's Cup.

Nell'arco di pochi mesi, con un entusiasmo che ricordava quello delle prime edizioni di Coppa, molti potenti e ricchi imprenditori scesero in campo, annunciando la loro partecipazione. Patrizio Bertelli, patron di Prada, confermò immediatamente la sua presenza come Vincenzo Onorato con Mascalzone latino, e così fecero tre team americani, tra cui Oracle BMW Racing, guidato da Larry Ellison, presidente e fondatore della Oracle computer e quello di OneWorld, capeggiato da Craig McCaw e Paul Allen. Presto arrivarono anche altre squadre, dalla Francia, dall'Italia, dalla Svezia e, per la prima volta, dopo 16 anni, dall'Inghilterra, che tentava di riprendersi quello che le era stato portato via un secolo e mezzo prima.

Dopo quattro mesi di gironi eliminatori, o Round Robin, la Louis Vuitton Cup si giocò, al meglio di nove regate, tra il team Alinghi di Ernesto Bertarelli e quello di Larry Ellison, Oracle BMW Racing. Entrambe le squadre approdavano alla fase finale con ottimi risultati e con la certezza di non avere grandi differenze di prestazioni. Il risultato di 5-1 per Alinghi non dà la giusta misura di quanto vicini e combattuti siano stati i match.

La Louis Vuitton Cup aveva ancora una volta scelto il Challenger migliore e adesso a Coutts non restava altro che affrontare il suo vecchio Team New Zealand in quella che, da mesi, era stata anticipata come la regata del secolo. Sfortunatamente per i kiwi e per il loro skipper, Dean Barker, Team New Zealand non si presentò adeguatamente preparato e non fu neanche in grado di fronteggiare l'avversario. Seri problemi strutturali e scelte tattiche decisamente sbagliate permisero ad Alinghi di conquistare con facilità l'atteso 5-0 e portare l'America's Cup, per la prima volta, in Europa.

 


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